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Collegio Borromeo di Pavia

collegio borromeo

 

Il collegio Borromeo di Pavia.

Studiare per costruire il futuro in un luogo carico di passato.

 

“Nel 1564, in Pavia, il Pellegrino ha dato principio per il Cardinal Borromeo a un palazzo per la Sapienza” dice Giorgio Vasari nelle Vite sulla nascita del collegio Borromeo di Pavia: infatti la posa della prima pietra avvenne il 19 giugno 1564, con il progetto affidato all’architetto Pellegrino Pellegrini detto il Tibaldi.

Nel 1579 l’edificio fu dotato di una cappella dedicata a Santa Giustina, mentre nel 1603-1604 venne arricchito di un ciclo pittorico dedicato a San Carlo Borromeo e sulla parete meridionale dell’episodio dell’imposizione del cappello cardinalizio.

Fondato per permettere a giovani dotati di talenti intellettuali ma sprovvisti di beni un’adeguata formazione morale, il collegio dal 1 aprile 1581  ha ospitato circa quattromila alunni.

Nei secoli XVII e XVIII fornì soprattutto giuristi destinati a cariche nel governo e nell’amministrazione della Chiesa e dello Stato milanese, come Cesare Monti, Federico Visconti, Giuseppe Pozzobonelli, cardinali arcivescovi di Milano, Marco Arese, reggente del Supremo Consiglio, massima carica nello Stato milanese, Giorgio Clerici, presidente del Senato; numerosi vescovi e cardinali: Giuseppe Alessandro Furietti cardinale e fine studioso dei mosaici antichi.

Successivamente hanno studiato in collegio: tra i giuristi Pietro Custodi, collaboratore del ministro Prina, Giuseppe Ferrari importante rappresentante del pensiero federalista repubblicano, allievo di Gian Domenico Romagnosi, e protagonista del Risorgimento italiano, Contardo Ferrini insigne docente di Diritto romano, riconosciuto beato dalla Chiesa, Scipione Ronchetti, ministro Guardasigilli nei governi Giolitti e Tittoni, presentatore della legge sulla condanna condizionale Tra i medici: Agostino Bertani, organizzatore della spedizione dei Mille e segretario di Garibaldi, promotore del codice di igiene pubblica del 1885, Enrico Acerbi, precursore della batteriologia menzionato dal Manzoni in nota ai Promessi Sposi, Lamberto Parravicini, chirurgo, Carlo Forlanini ideatore del primo pneumotorace artificiale per la cura della tubercolosi. Tra i matematici, fisici e ingegneri: Giovanni Codazza direttore del R.Museo Industriale di Torino, Francesco Brioschi, fondatore del Politecnico di Milano autore di 279 pubblicazioni in ambito scientifico, Gaspare Mainardi studioso di geometria differenziale, del quale ricordiamo le formule di Gauss-Mainardi-Codazzi, Luigi Volta astronomo degli osservatori di Brera. Tra i letterati: Eligio Possenti, commediografo e critico, tra i primi a valutare l’originalità di Pirandello. Inoltre il collegio ha ospitato negli anni 1926-1936 il poeta russo Venceslav Ivanov e annovera fra i suoi rettori Cesare Angelini, importante interprete di Manzoni e attento letterato e Leopoldo Riboldi, Rector Perpetuus, che con la donazione di 4.200 volumi della biblioteca del collegio ha contribuito alla nascita in Pavia della facoltà di Scienze politiche, la prima in Italia. Attualmente una consistente parte del corpo accademico pavese (circa 250 tra professori, ricercatori e dottorandi) proviene dal collegio.

Dall'anno accademico 2009-10 è aperta la sezione femminile garantendo pari opportunità di studio a 50 alunne.

 

Il giardino del Collegio Borromeo differisce da tutti gli altri per l’andamento della recinzione, disegnata dal noto architetto milanese Francesco Maria Trichine, e per la presenza di un viale alberato centrale.

Previsto come parte integrante del collegio fin dal 1563, il giardino fu realizzato nel 1586, con la realizzazione della scala di raccordo con il palazzo. Nel 1592 il Collegio chiede alle autorità cittadine la concessione di una pubblica strada per l’ampliamento del  giardino.

Il completamento dell’opera avviene tra il 1616 e il 1620 grazie a Francesco Maria Richini, che allaccia l’edificio al giardino con due ali di un portico architravato, che abbraccia la porzione di giardino più vicina all’edificio, poi il giardino si allarga, delimitato soltanto dalla recinzione muraria che si compie nel 1629.

 

Il muro di cinta non si limita a delimitare i confini di proprietà, ma nasce da un atto progettuale inteso a qualificare l’esterno conferendogli un rapporto privilegiato con l’edificio, con un raffinato equilibrio di proporzioni e di reciprocità prospettiche. La superficie liscia dell’intonaco riprende la facciata orientale del palazzo, mentre il muro una specifica valenza architettonica e formale, con una esedra conclusiva e l’attenta dotazione di elementi decorativi.

L’emiciclo di fondo, con un nicchione a bugne rustiche, riecheggia i motivi del portale in versione barocca con il raddoppio dei sostegni e con un più accentuato chiaroscuro, con il contrasto tra superfici lisce e superfici scabre. Dal nicchione esce un corso d’acqua, che attraverso due teste di leone arriva ad una grande conchiglia di granito a livello terra.

 

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