L’abbazia di Vezzolano
L’origine del complesso monumentale di Vezzolano, in provincia di Asti, parte da una leggenda simile a quella che riguardò la Sacra di San Michele, dove le frane danneggiarono la chiesa costruita di fronte all’attuale.
Furono recuperati i materiali per riedificarla più a monte, ma una seconda frana li spostò a valle e così che la chiesa sorse dove Dio aveva indicato.
Il primo documento che si riferisce alla Prepositura di Vezzolano risale al 27 febbraio 1095, per iniziativa di un consorzio di famiglie signorili, di Radicata, San Sebastiano, Moncucco, Pogliano Vergnano e sui loro possessi.
Vezzolano possedeva molti territori, al di qua e al di là del Po, ed ebbe decime e diritti su diverse chiese, situate nelle diocesi di Vercelli, Torino e Ivrea, dai rispettivi vescovi, come la chiesa di Santa Maria nel castello di Crea, ceduta dal vescovo di Vercelli nel 1152 che fu un priorato dipendente da Vezzolano fino al 1485.
Nel 1405 la canonica ed i suoi priorati vennero assegnati a chierici secolari, che ricevevano in commenda proprietà e rendite di beni e terreni, come i Lascaris conti di Ventimiglia, i Fieschi, gli Altemps, i Galliano, i Doria del Maro.
Con la pace di Cherasco del 1631 il complesso passò ai duchi di Savoia e il prevosto Cesare Galliano, schieratosi con i nuovi principi, ottiene la dignità di gran priore dell’Ordine Mauriziano. Arrivati i Francesi a fine Settecento, la provincia di Asti fu aggregata al dipartimento del Tanaro, creato nel primo effimero periodo di occupazione, ma Albugnano, Bagnasco, Berzano, Capriglio, Castelnuovo, Cinzano, Moncucco e Mondonio chiesero di entrare nel dipartimento dell’Eridano, amministrato da Torino.
Intanto nel 1800 il governo napoleonico del Piemonte trasferì beni e possedimenti di Vezzolano al governo nazionale e la chiesa divenne una cappella campestre della parrocchia di Albugnano, poi nel 1805 il chiostro e gli edifici connessi furono venduti all’asta e acquisiti da privati.
Il podere, che divenne di proprietà di Edoardo Serafino, avvocato di grido e Segretario del Consorzio agrario di Torino, venne donato dalla sorella Camilla Serafino nel 1926 all’Accademia di Agricoltura di Torino, per istituire nel podere una scuola per l’insegnamento teorico pratico d’agricoltura intitolata a Giacomo Filippo Serafino.
Nel 1938 l’intero complesso fu acquisito dal Ministero dell’Educazione Nazionale, Direzione Generale delle Antichità e delle Belle Arti, poi nel 2015 il complesso venne affidato al Polo Museale del Piemonte, struttura periferica della Direzione Nazionale Musei del MIBACT.
La chiesa, con la parte absidale rivolta a est, aveva in origine una pianta basilicale, ovvero a tre navate, che fu modificata nel XIII secolo, quando la navatella destra fu trasformata nel lato nord del chiostro, mentre la facciata, a salienti, in cotto con fasce orizzontali in arenaria, presenta una decorazione scultorea transalpina concentrata nella parte centrale.
L’interno è in forme gotiche, con la navata centrale suddivisa da un pontile, una rara struttura architettonica su colonnine, dove si stende un bassorilievo policromo a due registri sovrapposti raffigurante i Patriarchi e Storie della Vergine del Duecento, ai lati della finestra centrale dell’abside una scultura policroma della fine del XII secolo rappresenta l’Annunciazione.
Nel chiostro si trovano capitelli scolpiti e un importante ciclo di affreschi trecentesco, con la rappresentazione del Contrasto dei tre vivi e dei tre morti.