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Idroscalo di Pavia

 

idroscalo 1Sul lungo Ticino, a sud del Ponte Coperto vi è una struttura ora fatiscente, lasciata al degrado. E’ l’idroscalo di Pavia, che fu una tappa importante della Pavia degli anni Venti. Esiste una comunità che auspica un restauro di questo pezzo di storia della città, proponendone un utilizzo come  museo, location per mostre, ristorante o locale di svago.

Le origini dell’Idroscalo di Pavia risalgono agli inizi degli anni Venti, quando la Società Italiana Servizi Aerei incaricò l’ingegnere Giuseppe Pagano Pogatschnig di progettare un servizio che collegasse gli idroscali di Torino e Trieste, facendo di Pavia una tappa intermedia per alcune operazioni di assistenza al volo.

Infatti, anche se da qualche anno Trieste era dotata di una base per i primi voli di idroscivolanti in Italia e subito dopo Torino ne aveva aperto una seconda presso il Valentino, mancava una tappa intermedia per far riposare  piloti e  viaggiatori. La proposta venne subito accettata e nell’aprile del 1925 fu aperto il cantiere per la costruzione dell’Idroscalo, che si trovava sulle rive del Ticino di fronte alle case del Borgo e a sud del Ponte Coperto.

Solo un anno dopo, il 1 aprile del 1926, il primo aereo proveniente da Trieste, con quattro passeggeri e alcuni sacchi di posta, arrivava a Pavia, accolto da Benito Mussolini in persona con alcuni ministri e gerarchi, oltre ad una folla di curiosi. Dalla struttura maestosa, poggiata su una serie di pilastri alti circa sette metri, l’Idroscalo era uno dei primi esempi di architettura di stampo razionalista e fascista nella provincia di Pavia ed aveva come numero civico il 51 del Lungo Ticino Sforza, la  targhetta è ancora oggi visibile presso il muro esterno sul lato della strada.

idroscalo 2Solitamente dopo la partenza da Torino, l’idrovolante faceva tappa a Pavia, per poi ripartire per Venezia e poi arrivare a Trieste per  tornare il giorno dopo a Torino.

Fermarsi a Pavia era necessario per effettuare il rifornimento del carburante ed eseguire alcune verifiche tecniche, mentre ai passeggeri era permesso riposarsi grazie ad un delizioso ristorante ed a un’ampia sala d’aspetto. Inoltre venivano offerte coperte e borse dell’acqua calda, oltre a tappi d’ovatta, per proteggere i passeggeri  dal rumore del motore che si trovava al di sopra delle loro teste.

Fino alla fine degli anni Venti la tappa di Pavia fu importante per la comunicazione della maggior parte della Lombardia, tanto che persino Milano vi si collegò con alcune autocorriere. Con l’arrivo degli aeroporti terrestri, agli inizi degli anni Trenta, molti idroscali dovettero chiudere i battenti e tra questi vi fu anche Pavia.

Dopo un breve periodo in cui tra gli anni Cinquanta e Sessanta in cui ospitò varie attrezzature oltre a draghe e rimorchiatori che operavano sul Ticino, oggi l’Idroscalo versa in gravi condizioni di degrado e abbandono totali, nonostante negli ultimi anni ci siano stati alcuni progetti di recupero, tutti falliti miseramente.

 

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