Il Castello Beccaria di Montebello della Battaglia
Quando si arriva a Montebello della Battaglia, tra le dolci colline dell'Oltrepò Pavese, in una calda e limpida mattina estiva, si nota subito sulla sommità della collina, accanto alla Chiesa parrocchiale, un antico edificio, sormontato da un’alta torre che ora termina con una terrazza, ma che fino all'inizio del secolo scorso era coperta da un caratteristico tetto a tegole.
Non è la prima volta che vengo qua, ma oggi ho deciso di entrare, approfittando della visita guidata.
Le persiane restano chiuse quasi ovunque, ma le luci danno se possibile, un aspetto ancora più misterioso.
Il Castello ha cambiato diverse destinazioni d’uso e questo ha lasciato segni di trasformazione nelle sale, ci sono anche alcune stufe antiche e pesanti, le scale sono agibili e portano su su.
E’ difficile descrivere l’emozione di entrare nei saloni, nei piccoli locali, nella cantina, ognuno di questi posti ha una storia da raccontare, dame eleganti, scolari svogliati, solerti impiegati.
Questa costruzione è il Castello, ora Palazzo Beccaria, considerato il più antico di Montebello, poiché venne edificato negli ultimi anni del medioevo e dall'incisione su un mattone in arenaria, posto sopra il portale d’ingresso, si desume che la data di costruzione risalga all'incirca al 1472.
Chi lo fece costruire fu la storica famiglia pavese dei Beccaria, che ricevette Montebello come feudo il 22 febbraio 1469, assieme a quello di Montecalvo, dal Duca di Milano Galeazzo Maria Sforza Visconti, che lo donò a Girolamo Beccaria, con il titolo di conte di Montebello.
Allora il precedente Castello, che risaliva all'alto Medioevo, era caduto in rovina e pertanto la famiglia Beccaria decise di costruire la nuova residenza sulla piazza della Chiesa locale.
Ma probabilmente i Beccaria usarono poche volte la loro residenza di campagna dal momento che possedevano una sontuosa villa nel centro storico di Milano e verso la prima metà del Cinquecento, il Palazzo, o forse solo una piccola parte dello stesso, risulta essere diventato di proprietà della nobile famiglia pavese dei Bellocchio, che vi dimorò, nel ruolo di nuovi signori del feudo, per la bellezza di trecento anni.
Nel frattempo un ramo cadetto dei Beccaria costruì un palazzotto padronale con dipendenze agricole, proprio di fronte a quello principale.
Nel corso dei tre secoli di permanenza a Montebello dei Bellocchio, due fatti, uno curioso e l’altro drammatico, meritano di essere raccontati.
Nel 1643, durante una calda sera di fine maggio, l’abate del monastero, Padre Floriano Marcellini, mentre passeggiava vicino all'antica chiesa romanica, fu attirato con una scusa all'interno dell’edificio religioso dove, di fronte ad un altare, dalla semioscurità sbucarono Girolamo Bellocchio e Giuditta Lonati che, alla presenza di alcuni testimoni, si dichiararono marito e moglie, come nell'episodio descritto dal Manzoni nei Promessi Sposi.
Nel 1682, i due figli della coppia, Giulio Cesare e Gaspare Bellocchio, vennero sorpresi alle due di notte del 20 agosto presso il muro di cinta del loro palazzo e trafitti con una spada.
Il secondo morì sul colpo, mentre il primo ebbe il tempo di ricevere l’Estrema Unzione.
La famiglia Bellocchio, oltre ai beni di Montebello, possedeva anche alcune case a Pavia e a Voghera.
Nel 1851-52 il conte Giuseppe Bellocchio, con la madre Carolina Raggi, vendette parte del palazzo, comprendente la torre e metà del giardino retrostante, all'avvocato Ernesto De Ghislanzoni, che qualche anno dopo ebbe anche il titolo di barone, mentre la rimanente parte dell’edificio, con l’altra metà del giardino, fu acquistata dal Comune di Montebello, il cui sindaco era allora il marchese Luigi Bellisomi, per 12.000 lire.
Il conte Bellocchio si trasferì nel suo palazzo di Voghera, dove morì senza figli nel 1894, a 70 anni.
L’Amministrazione Comunale trasferì nella parte del Palazzo di proprietà gli uffici comunali, che prima erano in una serie di angusti locali in via Famiglia Cignoli, poi anche la scuola elementare e le abitazioni dei dipendenti che furono sistemati nell'edificio.
Nel 1868, per l’inaugurazione del monumento al Cavalleggero, la parte comunale del palazzo venne completamente restaurata su un progetto dell’ingegnere Giuseppe Billotta e sulla facciata che dava sulla piazzetta di spalle al monumento venne collocato un medaglione, poi affrescato con lo stemma comunale, con due draghi rampanti e nel mezzo un albero, ossia il blasone appartenuto alla famiglia Delconte, antica feudataria del paese, estintasi nel 1864.
Più tardi, nel 1893, con l’aggiunta dell’entrata dalla salita della Chiesa, fu aperto il primo ufficio postale di Montebello, cui si unì pochi anni dopo quello telegrafico.
In questo palazzo, per oltre settantanni, tante generazioni di montebellesi impararono a leggere e scrivere, amministrarono il paese e altri ancora si recarono nel palazzo per le tante esigenze burocratiche.
Nel 1923-24, dopo la costruzione dell’attuale edificio scolastico e municipale, la famiglia De Ghislanzoni acquistò la parte dismessa, unificando così tutto il palazzo e nel 1942, alla morte del barone don Ernesto, la figlia Eugenia, sposata con il conte Premoli, ne divenne la proprietaria.
Da qui iniziò la lenta ma inesorabile decadenza del fabbricato, prima infelici ristrutturazioni lo privarono delle due basse ali che delimitavano il cortile, poi iniziò il deperimento della parte ex comunale.
Fino a metà degli anni Sessanta la villa rimase abitata e in occasione della commemorazione della battaglia del 20 maggio era offerto un rinfresco ai partecipanti, però l’incuria dei proprietari e l’allontanamento del fedele custode fecero si che l’intero fabbricato si deteriorasse a tal punto da renderne impossibile l’abitabilità.
All'inizio del 2013 Davide Parisi, titolare della Cpf Immobiliare, comprò il palazzo dal conte Ludovico Premoli, con lo scopo di far rivivere il castello come un luogo dal quale partire per valorizzare la storia dell’Oltrepò.
Lo stesso Davide Parisi, definisce questo progetto un sogno.
Il palazzo attualmente comprende cinquanta tra stanze, camere e saloni per un’area complessiva di circa 2.500 metri quadrati, ora al centro di un lungo progetto di riqualificazione seguito dall'architetto Stefano Quaglini in stretta collaborazione con la sovraintendenza delle Belle Arti di Milano.
Tra le molte curiosità, al secondo piano, in una delle sale che era stata trasformata in aula scolastica, c’è una farmacia, mimetizzata dietro un pannello, con prodotti degli anni Sessanta.
Nel progetto, le nuove destinazioni degli ambienti saranno mirate a essere spazi museali, al piano terra si ritiene potrebbe trovare posto il museo di Montebello della Battaglia in cui saranno raccolti materiali archeologici e iconografici del paese, nelle vecchie cantine dovrebbe prendere vita il Museo del vino dell'Oltrepò, che racconterà l’importanza della tradizione vinicola di questo territorio dalla metà dell’ottocento con la nascita del metodo classico italiano.
Per far tornare a vivere questo Castello è necessario che esso stesso viva, sia frequentato, utilizzato, vissuto.
Il gruppo “Le Selezioni dell'Oltrepò Pavese” contribuisce a quest’ambizioso e importante progetto di grande potenzialità turistica per il futuro della regione e per le nuove generazioni recuperando un pezzo di storia come il Castello Beccaria di Montebello della Battaglia.